Ti amo, ma non mi toccare… (metacomunicazione e paradossi della comunicazione umana)

 

Se diamo più credito a quello che vediamo o percepiamo, piuttosto che alle parole o a ciò che può apparire logico e razionale, è perché questo ci ha aiutato, e ci aiuta ogni giorno, a sopravvivere più a lungo nel nostro ambiente e, perché no, a farci vivere meglio. Di tanti paradossi che si presentano intorno a noi e che viviamo ogni giorno, quelli che appartengono alla sfera della comunicazione possono essere vissuti come un problema concreto e reale; alcuni di essi possono anche condurre, in situazioni particolari, a forme di malattie mentali, come la schizofrenia.
Paul Watzlawick, psicologo e filosofo austriaco, con uno dei suoi celebri assiomi della comunicazione, stabilì la differenza che nella comunicazione umana esiste tra il piano del contenuto e quello della relazione. I segnali sul piano del contenuto danno informazioni, attraverso la comunicazione verbale e non verbale; mentre i segnali sul piano della relazione danno informazioni riguardo al contesto e sul rapporto che intercorre tra gli interlocutori; questi ultimi segnali sono prevalentemente legati al piano non verbale. La relazione classifica il contenuto che viene espresso e ne definisce il valore comunicativo; di conseguenza possiamo dare al contenuto una subordinazione nel grado d’importanza; infatti, quanto più è positiva la relazione che intercorre tra i parlanti, tanto meglio sarà possibile comprendere il contenuto.
Quanto spiegato finora può farci comprendere come i paradossi comunicativi, a partire dal discorso di un politico fino all’abbraccio di un parente, possono generare in noi confusione e, di conseguenza, condizionare il nostro comportamento.
Questo aspetto è stato approfondito con la teoria del doppio legame, o doppio vincolo, di Gregory Bateson, poliedrico studioso di psicologia, antropologia, sociologia, linguistica e cibernetica; questo concetto postula che molti disturbi psicologici sono dovuti proprio all’inadeguatezza nell’interpretare i messaggi metacomunicativi che dovrebbero definire il resto della comunicazione (si parla di metacomunicazione per intendere la comunicazione a proposito della comunicazione stessa). Il doppio legame indica una situazione in cui, tra due persone legate emotivamente, la comunicazione può esprimere due concetti in contrasto tra loro sul piano del contenuto e su quello del non verbale; in questa situazione il ricevente non riesce a distinguere quale dei due livelli sia più veritiero dell’altro, né riesce a esplicitare all’altro tale disagio cognitivo. Anche se tale concetto è stato in seguito superato e rivisto (in particolare sul fatto che il doppio legame generasse schizofrenia, tema sul quale Bateson era molto focalizzato), è interessante notare che questo avviene praticamente ogni giorno, poiché tale doppio legame esiste di fatto nell’intera struttura sociale e quindi siamo tutti coinvolti, anche se non sempre ciò ci porta a forme di schizofrenia acuta.
È vero che quando entrano in gioco sentimenti e affetti il tema si fa più delicato, come, ad esempio, nel caso di una madre che, abbracciando il figlio, lo fa in maniera troppo forte o troppo blanda, rivelando così un dato che il bambino può percepire e vivere come problematico. Anche nella vita politica ciò è ben visibile; famoso è il discorso di Nixon durante la guerra del Vietnam, che, mentre affermava di voler dialogare con i giovani, mostrava evidenti segni di irrigidimento e con le mani cercava idealmente di tenere lontani gli studenti; fu interessante notare che una ricerca dell’epoca ha rivelato che coloro che lo avevano seguito in televisione erano portati a non credere alle sue parole; chi lesse invece il discorso non ebbe la possibilità di percepire l’aspetto di relazione del discorso pronunciato.
Bateson, oltre che portare avanti i suoi studi sul doppio legame in ambito psicoterapeutico, introdusse anche il concetto di deuteroapprendimento ovvero il meta-apprendimento (imparare come apprendere) che risulta molto importante per quel che riguarda la comunicazione non verbale, che non si insegna, come il resto della comunicazione, nelle scuole o in altri gruppi primari, come la famiglia.

 

Tratto dal libro: “101 cose da sapere sul linguaggio segreto del corpo” di Francesco Di Fant, Newton Compton editori, Roma 2012

 

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